Descrizione
Fino alla pubblicazione di questo saggio, la biologia della difesa era rimasta un po’ in sottordine rispetto alla simmetrica biologia dell’offesa, su cui si focalizzava il dibattito intorno al carattere trasmesso o acquisito dell’aggressività. Aver riequilibrato i due fattori, entrambi decisivi per la sopravvivenza, oltre che innegabilmente interrelati, è merito di John L. Cloudsley-Thompson, che analizza qui le multiformi strategie difensive degli animali, rilevandone all’occasione le analogie con le arti della guerra messe in campo dagli uomini. Ma sembra proprio che siano loro, gli organismi non umani che popolano la Terra, a disporre dello strumentario più ingegnoso, differenziato e raffinato per fronteggiare sia la predazione interspecifica sia l’assalto dei conspecifici. Esoscheletri, scaglie, zanne, artigli, palchi, corna sciabolate, aculei, peli uncinati e pungiglioni costituiscono l’impressionante panoplia delle difese passive o primarie, a cui vanno ascritti anche lo stare rintanate delle specie anacorete, il camuffamento, la colorazione protettiva e ammonitrice, il mimetismo olfattivo e tattile, l’appiattimento per eliminare l’ombra del corpo, la deterrenza chimica. Sorprendente, pressoché inesauribile, la gamma delle difese attive o secondarie, che scattano in presenza del predatore: dalla morte simulata alla deviazione dell’attacco con tattiche diversive, dal bluff alla protezione reciproca nel branco rinserrato, dalla secrezione di essudati irritanti all’emissione di scariche tossiche, dai comportamenti di ritirata e fuga – voli, avvitamenti, giri della morte, vomito del pasto appena consumato, in offerta all’inseguitore – all’autoamputazione di parti non vitali come code o chele, lasciate tra le fauci del nemico. Tutti, invertebrati e vertebrati, partecipano a modo loro all’immane lotta della vita che cerca di preservare se stessa.